Il buon Bruno, il “dirimpettaio” che abita dall’altra parte del Fosso degli Zingari, è un anziano contadino che di tanto in tanto, nonostante le gambe non siano più quelle degli anni migliori, si inoltra, in compagnia dei suoi cagnolini, di qua dal fosso per una passeggiata nel nostro piccolo orto. Ogni tanto si ferma a scambiare quattro chiacchiere, e sempre si complimenta con noi per il nostro lavoro, per la passione e la cura che mettiamo nelle attività agricole.
Sarà per questo che ci ha preso in simpatia e, quando gli abbiamo chiesto una mano per innestare degli alberi da frutto improduttivi, ha voluto fare qualcosa di più insegnandoci qualche segreto di questa antica e quasi perduta arte.
Il primo innesto lo abbiamo praticato su un melo che si era danneggiato alla base, ma che era poi ricresciuto senza però produrre più frutti. Abbiamo eseguito l’innesto a gemma, detto anche ad occhio o a scudetto che sicuramente quello più diffuso sia per la facile esecuzione che per l'ottimo attecchimento che offre.
In particolare abbiamo eseguito quello “a gemma dormiente” (cioè praticato durante la fase di rallentamento vegetativo da agosto a settembre). Abbiamo prima pulito il tronco portainnesto dalle foglie e da eventuali rametti, per una lunghezza circa di 10 cm. Poi abbiamo scelto un “ramo gentile”, ben vigoroso e in buona salute, asportato dal melo che produce le “pianelle”, dal quale poter prendere le gemme da innestare.
Abbiamo poi intagliato il ramo intorno alla gemma e con grande attenzione l’abbiamo asportata.
Per finire abbiamo coperto il tutto con della semplice carta di una busta del pane per proteggere dal sole questa zona delicata.
Stiamo ora aspettando che l’innesto attecchisca… se andrà tutto bene si potrà tagliare il ramo immediatamente sopra l’innesto che, continuando a crescere, ci darà un nuovo ramo produttivo.
Grazie, Bruno, la prossima volta proviamo l’innesto a marza!
Frank il potatore apprendista innestatore